12 Nov Superbonus e unifamiliari: chiusura lavori al 31 marzo 2023?
Ormai prossimi alla scadenza di fine mese, il dubbio che assale
i committenti dei lavori edilizi sulle unifamiliari è se i lavori
debbano terminare improrogabilmente entro il 31 marzo 2023 per
poter usufruire del superbonus al 110%, (salvo proroghe in
discussione alla Commissione Finanze della Camera in questi
giorni).
Superbonus e unifamiliari: spese e lavori entro il 31 marzo
2023?
In mancanza di un esplicito chiarimento da parte del MEF e
dell’Agenzia delle Entrate, è nato un corposo supporto dottrinale
che, però, ha confuso ulteriormente le idee degli addetti ai
lavori. Proviamo, dunque, a fare chiarezza sulla normativa vigente
e dare una solida base per poter prendere le opportune
decisioni.
Il comma 8-bis dell’art. 119 del D.L. 34/2020 convertito in
Legge 77/2020 dice che “per gli interventi effettuati su
unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera
b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese
sostenute entro il 31 marzo 2023, a condizione che alla data del 30
settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per
cento dell’intervento complessivo”.
Pertanto, possiamo mettere un punto fermo ed indiscutibile: i
pagamenti delle fatture ricevute per gli interventi ammessi alle
agevolazioni vanno fatti entro e non oltre il 31 marzo 2023.
Il comma 1-bis dell’art. 121 del decreto citato dice che
“l’opzione di cui al comma 1 (n.d.r. sconto in fattura e
cessione del credito a terzi) può essere esercitata in
relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori” che
“non possono essere più di due per ciascun intervento
complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad
almeno il 30 per cento del medesimo intervento”.
Lo Stato di Avanzamento Lavori (SAL)
Anche in questo caso, non c’è alcun dubbio: le due opzioni
citate possono essere esercitate solo in presenza di un S.A.L.
cosiddetto “qualificato”, cioè riferito ad almeno il 30% dei
lavori. La presenza del S.A.L. è certificata dall’asseverazione
Enea per quanto riguarda gli interventi di efficientamento
energetico e dall’Allegato 1 per quanto riguarda gli interventi di
riduzione del rischio sismico.
Il successivo comma 1-ter dell’art. 121 dice che “in caso di
opzione di cui al comma 1:
- il contribuente richiede il visto di conformità
(…); - i tecnici abilitati asseverano la congruità delle spese
sostenute (…)”.
Altra certezza: per ottenere lo sconto in fattura e cedere il
credito, occorre che le spese siano certificate attraverso il visto
di conformità e la dichiarazione di congruità.
Null’altro è previsto dalla normativa. Pertanto, le tre opzioni
per poter recuperare le spese sostenute al 110% sono le
seguenti:
- Il contribuente che vuole detrarre le spese in dichiarazione
può farlo senza la necessità di avere il S.A.L.; - Il contribuente che ha ottenuto lo sconto in fattura potrà
cedere il credito d’imposta al fornitore solo in presenza del
S.A.L.; - Il contribuente che vuole cedere a terzi il proprio credito
d’imposta potrà farlo solo in presenza del S.A.L.
Perplessità e dubbi
Sembra tutto chiaro, ma così non è. La dottrina specializzata ha
ritenuto di sollevare perplessità sull’applicazione dell’aliquota
maggiorata qualora gli interventi finiscano successivamente al 31
marzo 2023, nonostante i pagamenti siano stati tutti effettuati, e
si opti per lo sconto in fattura o la cessione del credito.
L’incertezza deriva, in particolare, dall’emissione della fattura
“scontata” che presupporrebbe la fine dei lavori.
A parere di chi scrive, se la norma avesse previsto una
condizione, questa sarebbe stata esplicita.
Nemmeno l’Agenzia delle Entrate nelle successive circolari
emesse ha preso posizione. Anzi, in un recente interpello
(238/2023) l’Agenzia ha affermato che “il cd. sconto in fattura
non è altro che un contributo anticipato dai fornitori
corrispondente alla detrazione spettante al committente e
costituisce, per quest’ultimo, una sostanziale modalità di
pagamento dell’importo dovuto”. Va da sé che anche la
fattura contenente lo sconto del corrispettivo dovuto dal
committente è per quest’ultimo un pagamento ammesso alle
agevolazioni.
Inoltre, si ritiene che la fattura con sconto inviata allo SDI
dall’impresa possa essere emessa a carico del committente (e che
potrebbe anche contenere quote in accollo non detraibili) in virtù
di spese già sostenute dall’impresa stessa nei confronti di
fornitori per materiali/beni finiti già in magazzino.
La sentenza della Corte di Cassazione
Il documento che ha messo più in allarme gli operatori del
settore è una sentenza della Cassazione (Corte di Cassazione 8
novembre 2022, n. 42012) che ha riguardato il sismabonus ordinario,
dove i princìpi in essa espressi conducono a due conclusioni: 1) il
credito d’imposta può essere ceduto solo in presenza di
un’asseverazione (SAL) che attesti la realizzazione degli
interventi (pagina 16 paragrafo 2.4); 2) le fatture di acconto non
possono formare oggetto di cessione del credito perché gli
interventi non sono conclusi (pagina 15 paragrafo 2.3). In
sostanza, la sentenza non fa che riportare gli articoli di legge
commentati in precedenza, senza entrare in interpretazioni
autentiche della norma sul momento di emissione della fattura con
sconto. Invece, ed a ragione, puntualizza che i crediti derivanti
dallo sconto in fattura possono essere ceduti solo in presenza di
un S.A.L.. Il passaggio dirimente della sentenza è il seguente:
“la fruizione dei bonus fiscali per
gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all’esecuzione
completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei
rispettivi titoli abilitativi e nei tempi previsti dagli
atti stessi. Le agevolazioni sono infatti concesse per
l’esecuzione di interventi edilizi: per questo i suddetti
interventi devono essere completati”.
Per quanto riguarda la cessione del credito, se passasse la tesi
che i lavori devono terminare entro il 31 marzo 2023, il
contribuente che, nell’ipotesi di conclusione dei lavori oltre tale
data, decidesse di detrarre la prima rata dalla dichiarazione dei
redditi, sarebbe impossibilitato a cedere le restanti rate. Non
sembra che ci siano norme contrarie a questa possibilità, né che
esistano procedure per disabilitare l’opzione poiché sarebbero
dovute esistere già dal 30 giugno 2022, primo termine per le
unifamiliari.
Conclusioni
In conclusione, tenuto conto che le spese riferite al 2023
possono essere cedute solo in presenza delle asseverazioni, queste
vanno rilasciate nel medesimo anno d’imposta in cui sono state
sostenute le spese, altrimenti non sarà possibile optare per la
cessione del credito o lo sconto in fattura, ma sarà possibile solo
detrarre i pagamenti in dichiarazione. Pertanto, i lavori devono
terminare improrogabilmente entro il 31 dicembre 2023.
In attesa di eventuali proroghe della prossima scadenza, sarebbe
comunque opportuno che gli Enti preposti forniscano precisi
chiarimenti in merito.
Source: lavoripubblici.it
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