12 Nov Bonus edilizi: come si utilizzano i crediti d’imposta?
Un dubbio ricorrente tra i contribuenti è la modalità di
utilizzo dei crediti d’imposta derivanti dai bonus edilizi. Non è
del tutto facile districarsi tra le norme fiscali presenti nel
nostro sistema tributario e, spesso, occorre rivolgersi
inevitabilmente ad un esperto del settore vista la complessità dei
provvedimenti che si sono susseguiti con frequenza non comune negli
ultimi tre anni.
Proviamo, in questa sede, a fare un riepilogo e riportare delle
casistiche che si potrebbero presentare.
La detrazione diretta
La regola principale è che la detrazione
diretta in dichiarazione è consentita solo a chi ha
sostenuto la spesa, sia se privato sia se impresa. Invece, chi ha
acquistato un credito d’imposta ha la possibilità di
compensare il credito con altri debiti fiscali e
contributivi che generalmente si pagano con il modello F24.
Di conseguenza, il privato o l’impresa che ha sostenuto delle
spese in un determinato anno non potrà utilizzare il credito
maturato per compensare debiti tributari e contributivi relativi
allo stesso anno o a qualsiasi altro anno. Per esempio: non è
possibile compensare crediti maturati nel 2023 per compensare
debiti sorti nel 2021. Questi, peraltro, si potranno pagare
autonomamente con ravvedimento operoso oppure con avviso bonario
dell’Agenzia delle Entrate. Viceversa, chi ha acquistato crediti,
non può portarli in detrazione sulla propria dichiarazione dei
redditi, ma solo utilizzarli in compensazione nel modello F24.
Per quanto riguarda in modo specifico i bonus edilizi, questi
generano un credito fiscale che, quantitativamente, dipende
dall’aliquota di detrazione spettante che sarà ripartita in quote
uguali per tanti anni quanti sono quelli previsti dalla normativa
vigente per il tipo di bonus al momento di sostenimento della
spesa. Lo stesso importo e con la stessa ripartizione in quote per
gli stessi anni spetta anche a colui che acquista i crediti e li
compensa con debiti fiscali e contributivi. In sostanza, chi
acquista i crediti riferiti a spese del 2022 riferiti, ad esempio,
ad un superbonus, potrà compensare i crediti con i debiti
limitatamente alla quota di credito riferita a ciascun anno.
Pertanto, ad esempio, un contribuente che ha sostenuto delle
spese nel 2022 per sostituire gli infissi esterni per un importo di
20.000 euro, ha diritto ad una detrazione del 50% da suddividere in
10 quote annuali di importo pari a 1.000 euro. Un cessionario che
acquista i crediti da superbonus dal cedente per 44.000 euro per
spese sostenute nel 2022 di 40.000 euro, ha la possibilità di
compensare una quota annua per 4 anni di 11.000 euro.
La capienza fiscale
La detrazione diretta è possibile per il committente dei lavori
edilizi, oltre che conveniente (perché non ha costi di cessione),
quando ha capienza fiscale. La capienza fiscale è
quell’importo costituito dall’imposta che dovrà pagare in sede di
dichiarazione dei redditi. Anche il committente che ha il solo
reddito di lavoratore dipendente e non ha mai presentato la
dichiarazione dei redditi può avere capienza fiscale che è
costituita dall’ammontare delle ritenute che il datore di lavoro
trattiene dallo stipendio lordo.
Il lavoratore autonomo che paga le imposte solo in dichiarazione
dei redditi saprà se è totalmente capiente solo nel momento in cui
viene compilata la dichiarazione dei redditi. Pertanto, occorrerà
chiedere al proprio consulente fiscale un’anticipazione del
risultato della dichiarazione, visto che il termine per scegliere
l’opzione della cessione del credito è precedente (16 marzo
dell’anno successivo a quello di sostenimento delle spese) rispetto
a quello del pagamento delle imposte (in genere il 30 giugno).
Esempio: un professionista ha fatturato nel 2022 120.000 euro e
ha sostenuto spese professionali per 70.000 euro. Il suo reddito
ammonta a circa 50.000 euro. Ipotizziamo che le imposte risultanti
dalla dichiarazione, dopo le deduzioni per i contributi versati
alla Cassa di appartenenza ed altre detrazioni, siano pari a circa
10.000 euro. Nell’anno 2022 ha anche effettuato lavori edili
agevolati dal superbonus 110% ed ha speso complessivamente 100.000
euro. In questo caso, il professionista non risulta totalmente
capiente perché la detrazione ammessa per il superbonus è pari al
110% di 100.000 euro, quindi 110.000 euro, suddivisi in quattro
rate uguali di pari importo, cioè 27.500 euro. In questo caso
perderebbe 17.500 euro di detrazione ogni anno (€ 27.500 – €
10.000) che non può essere recuperata in alcun modo. L’importo
eccedente, infatti, non può essere richiesto a rimborso né
conteggiato in diminuzione dell’imposta dovuta per l’anno
successivo. Il professionista potrà decidere, allora, di cedere il
credito ad una società di servizi o ad un privato in modo da
recuperare ben più del credito che recupererebbe detraendo dalla
dichiarazione dei redditi (si ricorda che questa opzione non è più
ammessa ai sensi del D.L. 11/2023 che ha precluso la cessione del
credito e lo sconto in fattura per coloro che non hanno depositato
un titolo abilitativo entro il 16 febbraio 2023).
Imposte sostitutive all’IRPEF e addizionali
Cosa accade quando si pagano le imposte sostitutive all’IRPEF e
alle addizionali?
Non tutte le persone fisiche e tutti i lavoratori autonomi,
comprendendo in essi le imprese individuali e professionisti,
possono detrarre le spese per interventi edili in dichiarazione. Si
tratta di coloro che applicano i regimi contabili agevolati che
calcolano le imposte in modo forfettario e pagano un’imposta
sostitutiva. L’esempio più noto è l’impresa o il professionista che
applica il regime forfettario ai sensi della Legge
190/2014. Il motivo è che questi contribuenti non pagano l’IRPEF ma
un’imposta sostitutiva all’IRPEF. E poiché le detrazioni derivanti
da bonus edilizi sono detrazioni IRPEF, tutti coloro che pagano
solo imposte sostitutive sono esclusi dalla possibilità di detrarre
le spese.
Ad esempio, un proprietario di immobili residenziali locati con
l’opzione della cedolare secca di cui all’art. 3
del Decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23, non pagando
l’IRPEF non ha la possibilità di portare in detrazione le spese
agevolate con i bonus edilizi.
Stessa cosa per chi percepisce redditi derivanti da
interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e
titoli similari per i soggetti residenti ai sensi
dell’art. 2 del D.Lgs. 1º aprile 1996, n. 239.
Altri redditi soggetti ad imposta sostitutiva e che non danno
generalmente la possibilità di portare in detrazione le spese
agevolate con i bonus edilizi sono, ad esempio:
- redditi di capitale corrisposti da soggetti non
residenti a soggetti residenti ai sensi dell’art. 2,
comma 1 bis, del D.Lgs. 1º aprile 1996, n. 239; - plusvalenze da cessione di immobili, ai sensi
dell’art. 1 co. 496 della Legge n. 266/2005, maturate a
determinate condizioni; - plusvalenze realizzate mediante
cessione a titolo oneroso di partecipazioni
qualificate.
In alcuni casi, è concesso scegliere tra la tassazione ordinaria
e l’imposta sostitutiva. Ad esempio, la plusvalenza determinata con
la cessione di immobili potrebbe essere tassata al 26% oppure, a
scelta, tassata con le aliquote IRPEF ordinarie che vanno dal 23%
al 43%. La scelta non è scontata. Se può sembrare ovvio, ad
esempio, scegliere l’aliquota del 26% anziché quella del 35% per
redditi tra 28.000 euro e 50.000 euro, non è più scontato qualora
ci fossero delle spese per lavori edili da detrarre e non si ha una
completa capienza fiscale.
Facciamo un esempio. Il Sig. Bianchi percepisce un reddito lordo
da lavoro dipendente per 30.000 euro l’anno e paga imposte per
8.000. Nel 2023 ha ceduto un immobile e ci sono le condizioni per
far sorgere una plusvalenza tassabile che, ai sensi dell’art. 68
del TUIR, risulta pari a 40.000 euro. Nello stesso anno il Sig.
Bianchi ha realizzato interventi edilizi su un secondo immobile
ottenendo un credito d’imposta pari al 110% della spesa per 80.000
euro. In questo caso, occorre pianificare la tassazione valutando
l’opportunità di optare per l’una o l’altra modalità.
I dati a disposizione sono i seguenti:
- imposta sostitutiva del 26% su 40.000 euro pari ad €
10.400; - detrazione IRPEF per superbonus 110 pari a 20.000 euro per 4
anni; - aliquota da applicare in caso di tassazione ordinaria sulle
plusvalenze realizzate pari al 35% per la quota da 30.000 euro
(reddito già raggiunto con il lavoro dipendente) a 50.000 euro, 43%
per la quota rimanente di plusvalenza di € 20.000. Imposta
ordinaria pari ad € 15.600.
Prima opzione: tassazione con imposta sostitutiva. In questo
caso, il Sig. Bianchi pagherà 10.400 euro di imposta sostitutiva.
Inoltre, potrà detrarre ogni anno dalla dichiarazione dei redditi
8.000 euro di bonus edilizi, quota pari alla sua capienza fiscale.
Il risultato è il seguente:
- Imposta sostitutiva sulla plusvalenza = € 10.400;
- Detrazioni ammesse = € 32.000 (cioè € 8.000 x 4 anni);
- Detrazioni perse = € 80.000 – € 32.000 = € 48.000;
- Risultato netto finale = € 32.000 (detrazioni ammesse) – 10.400
(imposta sostitutiva) = € 21.600
Seconda opzione: tassazione ordinaria. In questo caso, il Sig.
Bianchi farà confluire la plusvalenza sulla cessione dell’immobile
nella sua dichiarazione dei redditi, aumentando la capienza per
l’anno 2023. Il risultato è il seguente:
- IRPEF ordinaria da pagare sulla plusvalenza = € 15.600;
- maggiore capienza fiscale per l’anno 2023 = € 8.000 + € 15.600
= € 23.600; - Detrazioni ammesse = € 20.000 (primo anno) + € 24.000 (€ 8.000
x 3 anni successivi) = € 44.000 - Detrazioni perse = € 80.000 – € 44.000 = € 36.000
- Risultato finale = € 44.000 (detrazioni ammesse) – 15.600
(ulteriore IRPEF da versare) = € 28.400
Pertanto, il risultato è che al Sig. Bianchi converrebbe optare
per l’imposta ordinaria in modo da risparmiare € 6.800 euro.
Inoltre, scegliendo di portare in detrazione la prima rata che
recupererebbe totalmente, il Sig. Bianchi ha anche l’opportunità di
cedere le rate residue delle annualità 2024 – 2025 – 2026 in modo
da non perdere 36.000 euro per incapienza.
Questo esercizio, francamente complesso per un committente che
non si occupa di consulenza fiscale, andrebbe fatto ogni volta che
la normativa consente delle opzioni di applicazione della
tassazione a cui si aggiungono le detrazioni per bonus edilizi.
Anche il sopra citato “regime forfettario”, scelto da tantissimi
professionisti e imprenditori, andrebbe applicato o continuato ad
essere applicato, dopo aver pianificato correttamente le
conseguenze a cascata che produrrebbe tale scelta in caso di
importanti somme di maturazione di crediti d’imposta da bonus
edilizi. E ciò vale anche per coloro che già lo applicano da
tempo.
Chi sceglie il regime forfettario ha alcune agevolazioni che non
sempre sono convenienti. Il reddito imponibile, per esempio, è
calcolato in base ad una percentuale forfettaria stabilita per ogni
tipologia di attività per tenere in considerazione i costi inerenti
che vengono sostenuti durante l’anno. Uno dei motivi principali che
mettono in allarme il contribuente è la mancata detrazione degli
oneri e, tra questi, le spese per interventi edili sulla propria
abitazione come privato o anche sul proprio immobile strumentale
con specifico riferimento alle spese di riduzione del rischio
sismico, abbattimento delle barriere architettoniche e spese per
l’efficientamento energetico, annoverati tra i principali
interventi per cui spettano le detrazioni anche per le imprese e
professionisti.
Per chi ritiene più importante mantenere il regime forfettario
per ragioni contabili o per le minori attenzioni da parte
dell’Amministrazione Finanziaria, sarà d’obbligo un’attenta
programmazione delle spese di ristrutturazione che faccia optare
per l’attribuzione delle spese ad un soggetto terzo ammesso alle
detrazioni sull’immobile (familiare convivente, comodatario,
affittuario) e che sia contestualmente capiente. Per chi invece ha
motivate ragioni per poter ritornare o optare per il regime
contabile ordinario (ad esempio, perché i costi sostenuti fino ad
allora calcolati forfettariamente sono ampiamente sotto la media e
il reddito imponibile risulta sempre più alto nonostante la
percentuale forfettaria prevista dal legislatore), il recupero
delle spese da sostenere per la ristrutturazione edilizia potrebbe
essere un buon motivo per fare una scelta sensata. Per chi è invece
in mezzo al guado (è indeciso se passare da un regime contabile ad
un altro e contemporaneamente non ha soggetti ammessi alle
detrazioni disponibili a sostenere le spese), la pianificazione
fiscale è il passaggio obbligato per verificare qual è la migliore
strada per ottenere un risultato conveniente.
A cura di Dott. Luciano
Ficarelli
Dottore Commercialista
Esperto in bonus edilizi
Abilitato al rilascio del Visto di Conformità
Source: lavoripubblici.it
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